Marcelo de Castro
 
 
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Marcelo de Castro

 


di Duccio Castelli

 

 

Pittoresco e istrione, ai Festival Marcelo faceva incetta di aranciate. Ancora oggi dopo tanti anni molti colleghi mi chiedono di lui e di come vanno le aranciate che si accaparrava.
Marcelo suonava l'asse da lavare.
Quel tipo di asse per lavare a mano, di legno, a scalette dove le lavandaie sfregavano i panni col sapone di Marsiglia. Cose d'altri tempi.
Lui però asse appunto la suonava. Con ditali da cucito sulla superficie metallizzata di latta, e tamburellava e sfrigolava il ritmo del jazz antico per il sollazzo suo e degli astanti, numerosi ed entusiasti per quel personaggio pittoresco e vitale.
Washboard. E' l'altisonante nome del nuovo strumento "autoctono USA" (come lui roboava quando lo presentava) nobilitato da incisioni americane fin dal lontano 1920.
E Marcelo era anche bravo.
Come moltissimi nel jazz classico era un personaggio convenzionale di giorno (un grigio bancario), ma di notte (e festivi) diventava … l'uomo lupo.
Di tutti i colori ne visse musicalmente. Festival astrusi nel mondo intero, incisioni prestigiose, palcoscenici teatrali, televisivi, bettole, funerali, matrimoni, feste private, pubbliche, consolari, fino alle gagliarde questue sul marciapiede ( "Dove si forgiano gli uomini")...
Marcelo è - nell'ordine - cileno, spagnolo, catalano, un po' francese e un po' italiano (non fosse che per la sua adorazione per il Cappuccino).
Cher Marcelo' , come dicevano in Francia.
Ma aveva anche altri soprannomi.
Si è ritirato a Granollers.

 
 
   
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